L'alimentazione nell'antica Roma: tra Storia e Gastronomia
I pilastri dell'alimentazione romana
Hai mai immaginato come fosse il sapore dell'antica Roma? Pare che una combinazione audace di miele, garum e pepe, abbia reso celebri i piatti dell'epoca. Ma c'è un segreto che può farti comprendere meglio questo taste tutto romano: i sapori agrodolci e agropiccanti hanno qualcosa in comune con un'altra tradizione gastronomica ancora molto presente oggi. Se vuoi scoprire quale e lasciarti tentare da un viaggio nel passato attraverso il gusto, continua a leggere. È un viaggio sorprendente che ti porterà inaspettatamente lontano... fino ad un tavolo cinese! 😊
Il menù giornaliero nell’antica Roma: un’esperienza completa
Nell'antica Roma, l'arte del mangiare era un viaggio affascinante attraverso la gastronomia, dalle veloci colazioni all'alba, ai sontuosi banchetti serali.
I Romani cominciavano la giornata con una colazione chiamata ientaculum, un pasto veloce ma ricco, consumato in piedi. Gli adulti gustavano gli avanzi della cena precedente, come olive, capperi, uova, formaggio, pane e miele, mentre i bambini si deliziavano con latte e focaccine dolci o salate.
Le giornate erano intense, sia in città che in campagna dove si lavorava dalla prima all'ultima luce del giorno. A mezzogiorno, una pausa generale era la regola, spesso in una sorta di locanda.
Al tramonto, la giornata lavorativa giungeva al termine e le famiglie si riunivano per la cena, il pasto principale della giornata. Nei tempi antichi la cena poteva consistere in zuppe di cereali o legumi, latte, formaggio, frutta fresca o secca, olive e, talvolta, lardo. Nel corso del tempo, il pane sostituì le zuppe e i piatti divennero più elaborati, con l'introduzione della carne per i più abbienti.
Le pietanze romane erano variegate e interessanti, con pesce abbondante, carne di maiale, agnello, pollo, oca, anatra e selvaggina come lepri, cinghiali e pernici. I formaggi erano una base importante dell'alimentazione romana, con una vasta gamma di tipi provenienti da diverse regioni dell'impero.
Il vino era considerata una bevanda celeste, indispensabile durante cene e convivi. Veniva annacquato con acqua e filtrato per renderlo più leggero. Oltre al vino, c'erano altre bevande, come la posca, una bevanda a base di aceto di vino, e il passum, un vino passito a complemento dei dessert.
La tavola romana era davvero ricca di sapori, profumi e colori. I banchetti si trasformavano in veri spettacoli culinari, arricchiti da intrattenimenti come musica, danza e spettacoli acrobatici. Gli ospiti si godevano questi momenti di convivialità e al termine venivano omaggiati con piccoli doni come segno di generosità. Era un mondo in cui il cibo non era solo nutrimento, ma un'esperienza completa, coinvolgente e sempre appassionante.
Patrizi e plebei: come cambia l’alimentazione nella società
La maggioranza della popolazione, che non era benestante, consumava pasti molto più modesti. Il popolo si nutriva soprattutto di cibi a base di cereali, legumi e frutta, consumando carne in misura limitata e senza la possibilità di partecipare a sontuose cene nei "triclinia" o di riposare su comodi letti/divani, come facevano i ricchi e i patrizi.
Molti di questi ultimi prolungavano i loro banchetti fino all'alba, accompagnati da abbondante consumo di vino. Questa disparità comportava un'assunzione di nutrienti più limitata in termini di energia, vitamine e proteine per la popolazione comune. Tuttavia, il vantaggio poteva risiedere nel fatto che la dieta risultava più salutare, evitando condimenti come il garum e riducendo il consumo eccessivo di carne, che spesso causava la gotta tra i ricchi.
I tre pilastri dell’alimentazione romana
Cereali: la base dell'alimentazione
"Cerere fu la prima a migliorare la nutrizione dell'uomo, sostituendo le ghiande con cibo migliore."
Ovidio, Fasti
Sembra che gli antichi abitanti di Roma si alimentassero principalmente con una farina ottenuta dalle ghiande, essendo le querce abbondanti a Roma. Questa abitudine si verificò fino a quando, su “suggerimento divino”, i Romani decisero di coltivare i cereali che fino a quel momento crescevano in modo selvatico. Il farro era il cereale più comune, ma Cerere (latino: Cere, da cui deriva il termine cereale) reggeva un mazzo di spighe di grano: in effetti l’immagine indicava che questo cereale era coltivato sin dall'inizio, ma solo in un secondo momento si comprese che era il cereale più nutriente e salutare.
Verso il IX-VIII secolo a.C, con le opere di bonifica, iniziarono le prime coltivazioni di frumento, uva e olivo nella regione del Latium. Nonostante il farro fosse ampiamente utilizzato, poiché si adattava bene a quelle zone paludose, con la bonifica dei terreni venne gradualmente sostituito dal grano, che era molto più nutriente.
La Mola Salsa, un alimento romano molto antico, consisteva in una focaccia di farro con sale sulla superficie. La sua preparazione, riservata esclusivamente alle Vestali, seguiva un rituale segreto che risaliva ai tempi più antichi.
Curiosamente, il termine "mola", è all'origine del vocabolo "immolare" che significa consacrare agli Dei. Successivamente, nell'era patriarcale, questo termine assunse un significato più cruento con il passaggio dall'offerta di vegetali al sacrificio di animali. Lo sapevi che rito dell’Eucarestia sembra aver avuto origine proprio dalla Mola Salsa, distribuita dalle sacerdotesse ai fedeli come alimento sacro, invitandoli a consumare il "corpo della Madre Terra"? Proprio così, un tipico esempio di sincretismo.
Il pane venne introdotto nella cultura romana in un secondo momento, poiché il lievito fu importato successivamente dai Greci. Infatti, la cucina romana arcaica comprendeva solo focacce senza lievito. Quindi, l'alimento di base era una sorta di polenta chiamata puls, a base di farro o frumento per preparare zuppe condite.
A Ercolano sono stati scoperti, carbonizzati ma intatti, pani rotondi lievitati, mentre nel sud Italia, nella regione sannitica, sono stati ritrovati stampi per pane lievitato.
Comunque, qualunque fosse il tipo di cerale prescelto, veniva spesso accompagnato da legumi come lenticchie e ceci.
Il vino: il compagno inseparabile
Il vino era una bevanda di importanza fondamentale nell'alimentazione romana. Era consumato quotidianamente durante i pasti e variava in concentrazione e qualità a seconda dello stato sociale. Il vino era spesso diluito con acqua per essere più bevibile e veniva consumato con la maggior parte dei pasti.
Ma ti sei mai chiesto come venisse assaporato il vino dell'antica Roma? L'antico vino era una sorta di elisir denso e potentemente alcolico, un mondo a parte dall'essenza intensa. Senza solfiti, pastorizzazione e moderne tecnologie di conservazione, rischiava di trasformarsi rapidamente in aceto, aggiungendo un'“aura” un po’ particolare al suo gusto. 😊
Immagina questo vino, più simile a una melassa densa, con un contenuto alcolico che sfiorava l'estremo. La fermentazione veniva interrotta sigillando il mosto crudo in anfore, intrappolando l’aroma intenso prima che l'aria potesse trasformare gli zuccheri in alcol.
Ma ecco il segreto: quando arrivava il momento di gustarlo, il vino si trasformava in un'arte molto…audace… Misto con acqua e arricchito con frutta o miele, il vino prendeva vita. La fermentazione si risvegliava, portandolo alla maturazione. Il risultato? Un vino incredibilmente robusto, quasi ai limiti della tossicità, con livelli alcolici che sfidavano il senso comune. Era una danza di sapori e spezie, un'esperienza per il palato che per noi moderni sarebbe risultata molto “forte”, e che senz’altro, anche per gli antichi, richiedeva diluizione con acqua e il tocco segreto di aromatici come il piombo, altamente tossico.
E sai una cosa? La tradizione di unire al vino la frutta non è svanita nel tempo. Pensa, ancora oggi, alla Spagna con la sua sangria, e al sud Italia dove ritroviamo l'anima di quei tempi nei vini arricchiti da frutta o speziati come la grolla.
Oliva e Olio: una risorsa versatile
Le olive e l'olio erano ampiamente utilizzati nell'alimentazione romana. Le olive erano consumate sia fresche che sotto forma di olio, utilizzato per cucinare e condire i piatti. L'olio d'oliva rappresentava una parte essenziale della dieta romana e veniva usato in abbondanza. Un prodotto essenziale, versatile e polifunzionale. Un elemento cruciale nella vita quotidiana dei Romani. Non solo veniva impiegato per condire i cibi, ma aveva anche ruoli vitali nell'illuminazione delle abitazioni e nella cura della pelle. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, sottolineava l'importanza di questo liquido prezioso per il benessere.
Le olive venivano raccolte e poi conservate in locali appositamente progettati, dove rilasciavano l'acqua di vegetazione. Questo liquido veniva utilizzato come agente contro insetti, erbe infestanti e funghi. Dopo la conservazione, le olive venivano frantumate senza danneggiare il nocciolo. Il processo di estrazione coinvolgeva l'uso di una grande macina chiamata "trapetum", e di un torchio per ottenere la pasta di olive, da cui si estraeva poi l'olio. Esistevano tre tipi di olio: l'oleum omphacium, di alta qualità estratto dalle olive ancora verdi a settembre; l'oleum viride, un olio più morbido e fruttato estratto da olive verde-nerastre a dicembre; e l'oleum acerbum, di qualità inferiore ottenuto dalle olive cadute a terra.
L'olio d'oliva era un elemento chiave nella cucina romana, utilizzato per condire, cucinare, friggere e preparare salse. Era presente in oltre trecento ricette menzionate nel ricettario di Marco Gavio Apicio, De re coquinaria. L'olio veniva irrorato su piatti a base di pesce, carne, verdure o legumi prima di servirli. Anche nella pasticceria romana, l'olio era un ingrediente comune.
Tra l’altro, lo sapevi che i Romani non limitavano la loro pratica di friggere, solo all'uso dell'olio; infatti, Apicio ci informa che esistevano diverse combinazioni di liquidi per friggere. Alcuni esempi comprendono l'uso di un mix di garum, olio e vino, oppure garum, acqua, aceto e olio. Altre opzioni erano l'uso di garum e vino, il solo garum o persino il miele cotto come liquido di friggitura.
Oltre all'uso alimentare, l'olio d'oliva aveva diverse altre applicazioni nella vita quotidiana. Veniva impiegato come combustibile per illuminare le abitazioni attraverso lanterne riempite con olio di qualità inferiore. Inoltre, l'olio era utilizzato come unguento, applicato prima dell'allenamento fisico per proteggere la pelle e idratarla. Era anche parte integrante delle pratiche mediche romane, prescritto per il trattamento di ulcere, coliche e febbre. Gli oli profumati, come parte della cosmetica e profumeria, erano diffusi e utilizzati non solo per scopi estetici ma anche in rituali funerari.
Conoscevi tutti questi utilizzi dell'olio d'oliva? Un elemento davvero essenziale nella vita degli antichi Romani, versatile e ampiamente utilizzato in varie sfaccettature della loro quotidianità.
Verdure e frutta: freschezza e gusto
Le verdure e la frutta facevano parte integrante dell'alimentazione romana.
Nell'antica Roma, frutta e verdura si trasformavano in un arcobaleno di sapori e colori: asparagi, carciofi, barbabietole, cavoli, e molto altro ancora, facevano il loro debutto come antipasti. Poi arrivavano le insalate, alcune cotte, altre crude, che regalavano freschezza e croccantezza - lattuga, crescione, cicoria e indivia. Ma il trionfo vegetale non finiva qui: fave, lupini, lenticchie, ceci, e piselli formavano il regno di legumi.
Anche i prodotti del bosco facevano la loro bella figura grazie ai prelibati funghi e tartufi. A proposito, sai come veniva chiamato il tartufo? Funus agens, cioè, portatore di morte perché, se mangiato in quantità, provocava indigestioni mortali. ☹
A completare questa sinfonia di sapori c'erano frutta fresca e secca in abbondanza: mele, pere, melograni, ciliegie, e fichi, ma anche noci, nocciole, mandorle e datteri.
Una tavolata romana era un vero e proprio spettacolo per gli amanti del buon cibo, un'ode alla natura trasformata in arte culinaria.
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La dieta romana: un viaggio tra sapori antichi
Primi Piatti: Puls e Minestra
Tra i primi piatti più comuni presso i Romani c'era la Puls, una sorta di zuppa a base di semolino di farro, legumi e verdure. Era il piatto tradizionale divenuto simbolo della cucina romana tanto che, secondo quanto ci riporta Plauto, i Greci definivano i Romani “mangiatori di puls”.
Vuoi conoscere la ricetta della Plus punica? Eccola come ce l’ha tramandata Catone nel De agri cultura: “Cucinerai così la minestra alla Cartaginese: verserai in acqua 1 libbra di farina di farro e farai in modo che si impregni bene. La verserai in un recipiente pulito, dove aggiungerai 3 libbre di formaggio fresco, mezza libbra di miele, un uovo. Mescolerai tutto insieme per bene. Così lo metterai in una nuova pentola”.
Carni e pesci: tutte le opportunità
Le carni erano consumate, sebbene in quantità minori rispetto a quanto comunemente creduto. Il pesce era invece molto diffuso, soprattutto nelle zone costiere dell'Impero. Le carni più comuni erano quelle di maiale, pecora, pollame e coniglio.
Ma lo sapevi che nelle villae i Romani allevavano pollame, selvaggina, pesci e persino ghiri; proprio questi ultimi venivano messi in recipienti di terracotta bucherellati da dove non si potevano muovere, in modo che, data l'immobilità, la carne diventasse grassa e tenera…un po’ la sorte riservata in seguito alle oche… ☹
Per quanto riguarda la preparazione della carne, la differenza fondamentale fra il nostro gusto e il loro, consiste nei condimenti che conferivano ai cibi sapori forti, decisi e dolciastri. Quelli più usati erano le salse di pesce, che venivano conservate in anfore all’interno nelle cantine, dopo una lunga lavorazione.
Questo liquamen era composto da interiora e pesci tagliati a piccoli pezzi che, mescolati in una ciotola, formavano una poltiglia, poi esposta al sole in modo perché fermentasse. A questo punto il liquamen, posto in un cestino, filtrato e unito a sale e spezie, costituiva il garum. Un generoso dosaggio di questa salsa rendeva anche la pietanza più semplice, deliziosa per loro, forse immangiabile per noi. 😊
Dolci e dessert: dolce sì…ma senza esagerare
I dolci non erano così diffusi come oggi, ma esistevano comunque dolciumi e dessert, spesso realizzati con miele, frutta secca e formaggio.
Tabù alimentari e abitudini sociali
Ci sono alcuni alimenti che i Romani proprio non mangiavano. Le loro abitudini alimentari erano molto specifiche e definite, così anche i tabù alimentari. Ad esempio, lo sapevi che era considerato tabù consumare determinati tipi di carne come quella di cani, gatti e asini?
Proprio così, cani e gatti erano già considerati animali da compagnia, quindi intoccabili. E l’asino? Era un animale fondamentale per i lavori nei campi e per ogni tipo di trasporto. Un compagno di lavoro fondamentale: guai a mangiarlo!
L'alimentazione nell'antica Roma: una combinazione di semplicità e varietà
I Romani valorizzavano i sapori naturali degli ingredienti e la loro era una dieta equilibrata tra cereali, carne, pesce, frutta e verdura.
Abbiamo compreso che il gusto dei piatti era spesso potente e contrastante; l’agrodolce del garum dominava, forse anche per contrastare il carattere un po’ spiacevole (anche per loro) di certe carni. Per capire meglio il gusto della cucina romana in effetti, come anticipato all’inizio di questo excursus, dobbiamo pensare ad alcuni piatti cinesi, conditi con le salse agrodolci tipiche di certa gastronomia orientale.
Questa mescolanza di elementi ha contribuito a definire la cucina romana come una cucina di grande personalità, e a lasciare un'impronta duratura sulla storia gastronomica come testimoniano tante nostre ricette che ancora ricordano quelle dei nostri antenati.
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